Lo studio presentato al forum di Cernobbio. La perdita del 31% corrisponde al volume di risorsa idrica consumata da 14 milioni di cittadini

È sempre più allarme per la crisi idrica: nel 2022 la disponibilità di acqua in Italia si è ridotta del 31% rispetto al 2021, una perdita pari a 36 miliardi di metri cubi. È quanto emerso dallo studio ‘Acqua: azioni e investimenti per l’energia, le persone e i territori’, presentato da Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A, e Lorenzo Tavazzi, Partner di The European House – Ambrosetti, in occasione della 49esima edizione del Forum di Cernobbio. “La Siccità record del 2022 ha ridotto la disponibilità di risorsa idrica naturale di 36 miliardi di metri cubi (-31% rispetto al 2021, un volume comparabile a 60 volte il Lago Trasimeno), di cui 7,1 miliardi di metri cubi di acqua consumabile (-34% rispetto al 2021, quanto l’acqua consumata da 14 milioni di cittadini). Ha inoltre ridotto la produzione idroelettrica a 30,3 TWh (rispetto a una media del decennio 2012-2021 pari a 48,4 TWh). Per trovare un valore così basso bisogna risalire al 1954, ma con una potenza installata di 3 volte inferiore a quella attuale”, si legge nel paper. 

Tavazzi: “Cambiamento climatico si aggiunge a criticità strutturali”

Gli effetti del cambiamento climatico si aggiungono ad alcune criticità strutturali che segnano la gestione idrica in Italia e che vanno opportunatamente e prontamente attenzionate” – ha commentato Lorenzo Tavazzi, Partner di The European House – Ambrosetti – “Investire in adattamento e mitigazione del cambiamento climatico è quindi cruciale, in un contesto in cui il cambiamento climatico sta già impattando significativamente il nostro Paese: nel 2022 le temperature sono aumentate fino a 2,0° C, mentre le precipitazioni cumulate si sono ridotte del 23,2%”.

Persa l’acqua consumata ogni anno da 14 milioni di persone

L’analisi riporta una perdita stimata del 31% delle risorse idriche (36 miliardi di m3 in meno) nel 2022 rispetto al 2021. Si tratta di volumi equivalenti a 4 volte il lago di Bolsena (9,2 miliardi di m3) o 60 volte il lago Trasimeno (0,6 miliardi di m3). In termini di volumi effettivamente disponibili per i vari utilizzi finali, si stima un calo di 7,1 miliardi di m3 in un anno, con impatti negativi sul settore agricolo, civile e industriale.Tale volume – sottolinea lo studio – corrisponde complessivamente alla quantità d’acqua necessaria per irrigare 641 mila ettari di terreni agricoli (pari alla superficie agricola del Lazio), all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone (pari agli abitanti di Lombardia e Piemonte) e a quella necessaria alla produzione di 82 mila imprese manifatturiere (il numero di imprese manifatturiere di Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna).

 

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